eutanasia

L’isola nell’isola: Luras, cassaforte della tradizione

By Antonella | No Comments

La Chiesa

Si dice che i luresi, (“li lurisinchi” come vuole la lingua dei circostanti villaggi) siano gente tagliata per il commercio, per le attività lucrative in genere, un tantino attaccata al denaro e completamente dedita al lavoro in ogni sua forma. La fantasia, l’inventiva, il fiuto per gli affari, tutte caratteristiche che sembrerebbero ereditate dagli antenati ebrei, una colonia esiliata in Sardegna durante l’impero di Tiberio. Fantasia o realtà, sui Luresi se ne dicono tante, per esempio che fosse una delle cinque colonie fondate dagli Etruschi in Sardegna dopo l’862 A.C., o ancora che Luras restò immune, intorno al 1200, da un’epidemia che distrusse molti centri attorno al paese, potendo così difendersi dagli attacchi dei Corsi, che colonizzarono invece le aree circostanti radicandovi quel dialetto, ora detto gallurese che non attecchì mai a Luras.

Dolmen a Luras

Queste o altre motivazioni fecero comunque, di questo piccolo centro, un’isola nell’isola, con una sua storia e una sua identità del tutto particolare, caratteristiche che lo rendono unico anche in un panorama straordinariamente vario come il nostro. Tradizioni millenarie, archeologia, peculiarità morfologiche, linguistiche (vi si parla il sardo logudorese) e culinarie ne fanno, insieme alla zona circostante, uno dei luoghi più interessanti della nostra grande isola.
Senza addentrarci, per imperizia, nelle ragioni storiche o filologiche della particolarità del luogo e della lingua, diciamo che Luras raggiunse intorno al 1800 un certo livello di benessere per lo sviluppo delle attività commerciali, di tessitura, di lavorazione di sughero, grazie al quale in paese si edificavano belle case in granito, palazzotti di una certa eleganza pur semplice, una bella chiesa dedicata alla Vergine del Rosario, ora unanimemente riconosciuta come uno dei monumenti più rappresentativi della Gallura.

Una sala del museo Galluras

In uno di questi palazzotti, costruito alla fine del 1700 con il classico granito a vista, è ospitato uno dei più interessanti musei etnografici di tutta Europa. Nato dalla passione di Piergiacomo Pala, ora Direttore del Museo Galluras, raccoglie oltre 4.000 reperti della tradizione gallurese, accuratamente catalogati e datati dalla fine del 1400 alla prima metà del 1900, ed è impostato sulla fedelissima ricostruzione degli ambienti tipici della civiltà locale, con una minuziosa attenzione alla replica dell’equilibrio proprio delle vecchie dimore. Ma l’attenta disposizione dei reperti non basta; gli oggetti, in questo prezioso museo vivono vita propria, che scaturisce dalla passione e dallo studio delle attività che si svolgevano tra le vecchie mura del paese: quella passione che ha stupito, a volte commosso i visitatori più anziani che quegli ambienti avevano vissuto e conosciuto davvero, oggetti che ricordano lavori, azioni, parole, emozioni, un caleidoscopio di memorie ora disponibili per tutti. Tra le storie raccontate da questa bella raccolta, una, del tutto particolare, ci riporta alla pratica più segreta nella cultura sarda: l’eutanasia.

Il martello dell’Agabbadora

C’è, poggiato sul letto della camera al primo piano, un oggetto che serviva a porre fine alle sofferenze dei malati terminali e che può essere considerato, per la rarità e l’originalità della sua storia, il pezzo più straordinario di tutta la collezione: il martello della “Femina Agabbadora”, la donna che i familiari del moribondo chiamavano al momento opportuno, tollerata dalle istituzioni e dalla Chiesa, rimossa per molto tempo dalla coscienza e dalla tradizione gallurese. Si tratta di un ramo di olivastro lungo 42 centimetri, con un manico che permette un’impugnatura sicura e precisa. Lo strumento che amministrava la morte negli stazzi, ritrovato per puro caso dopo anni di ricerche, è ora gelosamente custodito tra le mura del museo. Evoca suggestione oscura, eppure affascina, la figura della donna che sino alla prima metà del Novecento ha aiutato i malati a terminare una lunga agonia. Le guide del museo sapranno spiegarvi tutta la storia nei minimi dettagli, anche loro realmente appassionati alla cultura delle vecchie cose, della vita di un tempo. Dedicata al sughero e all’arte nella lavorazione di questo prezioso materiale è invece la “Collezione Forteleoni”, ospitata nella casa dell’artista Tonino Forteleoni (Luras 1915 -1996) il cui estro, accompagnato da una straordinaria manualità, lo portò ad intuire che il sughero aveva un’anima e che da esso si potevano ricavare opere d’arte. La casa si affaccia sui graniti di Piazza del Rosario, cornice ideale per le sculture di questo abilissimo artista, che attraverso una tecnica originale e personale, otteneva splendidi bassorilievi a mosaico utilizzando tutte le calde sfumature di colore proprie del sughero.

Olivastri millenari a Luras

Ma l’area di Luras è ricca di storia, di archeologia, di curiosità naturalistiche. A breve distanza dal paese, le sepolture collettive dette “Dolmen”, risalenti al IV millennio A.C., tra i più grandi in tutto il bacino del Mediterraneo, meritano una visita accurata, insieme al panoramico bacino del Liscia, suggestivo in ogni stagione. Proprio da quelle parti, tra i profumi della macchia mediterranea che fa da cornice al bacino, troverete un’autentica meraviglia da ammirare senza fretta. Nell’incantata valle di Carana si staglia la chioma gigantesca del patriarca degli olivastri millenari, unico in Europa, con le sue radici immense che si protendono per decine di metri nel terreno. Ma “s’Ozzastru”, (la gente del posto lo ha ribattezzato così) non è solo, nella stessa area altri due giganti si ergono sulla campagna come guardiani attenti, trasversalmente presenti nella crescita millenaria del genere umano. I botanici hanno dato al più vecchio un’età di oltre tremila anni, età che gli attribuisce il primato di albero più antico d’Italia, secondo le stime del Ministero dell’Agricoltura. In località Santu Baltòlu se ne trovano tanti altri, appena più giovani ma ugualmente belli, che si mescolano ai profumi, ai silenzi della Gallura solitaria creando un cocktail di emozioni straordinarie che può, almeno per qualche ora, restituirci la serenità che manca. Quale altra gemma ci riserva la cassaforte Luras? E’ un invito, questo, a farci scoprire altri segreti, altre passioni, altre storie di questo piccolo grande luogo ricco di vita e di memorie.
Antonella Bonacossa – Agriturismo in Sardegna B&B Olbia

Per approfondimenti: Museo Galluras, Luras